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Presentazione POMPEI

Facilmente raggiungibile da tutti i centri della Penisola Sorrentina.  Per autostrada; sulla Napoli-Salerno a pochi Km da Castellammare di Stabia in direzione Nord. Per ferrovia: linea Napoli-Sorrento della Circumvesuviana. Dalle stazioni della Penisola treni verso Napoli.  Orario visita: dalle ore 9 ad un’ora prima del tramonto. Antica citta della campania, venne sepolta dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. L’imponente complesso archeologico può considerarsi unico al mondo e richiama l'interesse di migliaia di turisti provenienti da ogni continente. Quando I'eruzione cessò la citta era coperta da uno strato di cenere spesso fino a 18 m. e per 1500 anni così rimase. Alla fine del 1600 l’architetto Domenico Fontana casualmente rinvenne alcuni resti delle antiche abitazioni pompeiane. Fino ad oggi i 3/5 della città sono stati riportati alla luce e costituiscono un documento storico di eccezionale valore. L‘estensione dell’area abitata era di oltre 66  Ha. Una visita dettagliata del complesso archeologico esige almeno due giorni comprendendo anche l'Antiquarium e la Villa del Misteri, tuttavia in mezza giornata è possibile avere un'idea generale e visitare le Case piu importanti.

E’ inevitabile per chi si reca a Pompei fare delle riflessioni sul1’ironia della storia e del tempo che cambiano il segno anche degli eventi piu’ disastrosi. Questo piccolo centro, sicuramente più provinciale e meno sofisticato di tsnti altri della Campania Felix, divenne importante sul finire del Settecento perché "salvato" dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Salvato dai barbari e dall’inefficienza della manutenzione grazie all’indurata lava. La tragedia di cui furono vittime i pompeiani si trasformò in uno specchio delle meraviglie per i posteri. Aggirandosi tra i ruderi in una giornata tranquilla si resta colpiti dall’aria, dal cielo azzurro, dalla dolcezza del clima. Ecco che, quasi senza rendercene conto, abbiamo trovato la strada per entrare in sintonia con gli antichi cittadini di Pompei. E’ ovvio che anche i pompeiani avvertivano il fascino della natura che li circondava, i suoi colori, la sua miracolosa fecondità. Pompei era un centro agricolo e commerciale. Alle sue spalle si estende l`Agro Nocerino. Il presidente Einaudi scrisse, in uno dei suoi ultimi articoli-saggi apparso sul "Corriere della Sera”, che esso era il più fertile d`ltalia, coltivato da contadini esemplari. Con Nuceria, Pompei era in lotta per questioni di campanilismo e di sport. La querelle era tanto  aspra che una volta degenerò in una rissa feroce e sanguinosa, con molti morti. Tacito ci riferisce l’episodio con la solita concisione, ma anche con qualcosa di pittoresco che rivela un suo divertito disprezzo per i tifosi. Lo spettacolo era stato organizzato da un “chiacchierato” uomo politico della zona, che, ai tempi di Nerone, aveva subito l’espulsione dal Senato. Pompeiani e nucerini, con la sguaiata arroganza tipica dei tifosi di tutti i tempi, prima si scambiarono un interminabile  diluvio di insulti, poi passarono alle sassate e, infine, alle armi, vale a dire pugnali, coltelli, spiedi, martelli, falci, eccetera, per allontanare con il sangue le orribili insinuazioni. I pompeiani, che giocavano in casa, ebbero la meglio e i nucerini le ossa rotte e il triste compito di riportarsi i parenti e gli amici uccisi. L’episodio narrato da Tacito è stato anche affrescato da uno dei tanti artisti di Pompei e noi abbiamo la possibilità di assistere quasi alla scena. Sono distinguibili, in alto, i teli gialli, rossi e verdi, tesi sull’immenso anfiteatro, fluttuanti e ondeggianti come vele lungo i pilastri e le traverse di sostegno. Sotto di essi gli eroici contendenti sono avvolti dai riflessi impalpabili della luce filtrata dai velari. All’esterno, altri pompeiani accorrono a dare man forte e, in primo piano, c’è l’immancabile venditore di semi di zucca, ceci abbrustoliti e legumi salati, preoccupato della fortuna dei suoi affari. Questo è uno dei particolari più gustosi che rivela i legami di Pompei con i paesi limitrofi che, allora come ora, si contavano a centinaia. Da innumerevoli elementi, del resto, è anche possibile dedurre che Pompei godeva di un terreno fertile e viveva di agricoltura. La sua campagna era ed é di una produttività miracolosa, per cui è facile comprendere che l’agricoltore proprietario dei tempi di Nerone  fosse l’equivalente dell’industriale di oggi. Questo semplice rapporto spiega la frequenza  delle decorazioni nelle case di Pompei. Come l’industriale e l’arricchito dei nostri tempi, l’agricoltore agiato di allora amava dare un tono alla propria dimora. Nella società romana del l secolo d. C., per  quanto opulenta fosse, la suppellettile era  meno numerosa e varia di quella delle nostre case. Le grandi ville di Pompei erano spoglie come chiese sconsacrate con i soli oggetti d’uso, anche se lussuosi. Da ciò nasce la necessità di decorare le pareti divise in ampi riquadri a sfondo monocromo, rosso, giallo, nero, abbellite da figure, paesaggi, maschere e ghirlande. La tecnica di applicazione dei colori era tanto raffinata e perfetta che ne ha permesso la sopravvivenza millenaria e ancora oggi gli studiosi, per quanti sforzi abbiano compiuto, non sono riusciti a scoprirne il segreto. Nonostante la miracolosa durata, quello che attualmente vediamo solo in parte fa capire lo splendore delle pareti che originariamente riflettevano le immagini come uno specchio. Si aveva la sensazione di essere avvolti da spazi immaginari e di essere proiettati in paesaggi fantastici. Naturalmente, il fasto delle decorazioni è proporzionale alla ricchezza del committente ed al virtuosismo degli artigiani. Gli specialisti distinguono vari stili; a noi l’aspetto piu notevole sembra l’evidente gusto barocco. Il “barocco” é una maniera espressiva innata nelle genti meridionali, portate all’enfasi, all’opulenza ornamentale, all’ostentazione, alla supremazia del censo e dell’immaginazione. L’ostentazione barocca nasce dall’incredulità e  dalla paura di perdere tutto, di ricadere nell’inferno della miseria come lo stato d’animo d’insicurezza che caratterizza i nostri anni consumistici. Andando in India o in Argentina, per citare due grandi Paesi, troveremmo, in parecchi casi, la condizione umana e sociale di Pompei, trasformata in uno spettacolo continuo. I cubicula delle case di Pompei, anche di quelle più ricche, risultano sorprendentemente angusti, come i bassi di certi quartieri napoletani. Senonché qui le pareti non limitano lo spazio ma si aprono su piazze chiassose, su dolci paesaggi appena accennati, su  spuntoni di roccia a strapiombo sul mare, dominati da un cielo di cristallo. Come non riconoscere i colori e la limpidezza dell’attigua  costiera sorrentino-amalfitana? In questa direzione non abbiamo scoperto niente. Il rapporto tra uomo e natura allora (forse anche  perché era più facile) era perfetto e, si potrebbe dire, automatico. ll Pan musico ricorda gli abbronzati e agili pescatori dai denti balenanti, e quelle case  inondate dal sole, dagli interni freschi e verdeggianti, le case arrampicate sulle rocce della  costiera. Prima dell'apocalittica eruzione, il  mare lambiva Pompei. La sua presenza negli affreschi ne è una riprova. Proprio quel mare ci avvicina ai personaggi fantastici dei miti. Per esempio, Perseo che libera Andromeda….Ma si tratta, poi, di Perseo? Il raffigurato è un giovane galante che aiuta una signora di bel mondo a scendere, senza prendere storte, dalla roccia, e tutto ciò sotto gli occhi di un’amica, allo stesso tempo, complice e invidiosa della nascente, possibile avventura. Altrettanto si può dire della Baccante dormiente. E’ una signora al mare, baccante di comodo, che si é lasciata sorprendere da un intraprendente don Giovanni che le solletica il braccio, non con la punta delle dita della mano, ma con quella più sensuale e intraprendente dell'alluce. E le pareti? Ah, le pareti!,.. In questa Casa del Frutteto non esistono perché abbiamo davanti agli occhi ciliegi, fichi, e sorbi e un truce serpente attorcigliato a un albero di pere. Appena ci si libera dall’incanto illusionistico di questo rigoglioso giardino, vengono alla memoria famosi aneddoti di pittori antichi che dipingevano mosche perfette e grappoli d’uva che gli uccelli, ingannati, cercavano di beccare. Anche a noi sembra di cadere nello stesso felice errore degli uccelli quando guardiamo le scene della vita di ogni giorno. Cosi’ davanti alla Bottega del Fornaio con gli enormi panelli rotondi e grezzi e quel petulante ragazzo in primo piano (in essa sicuramente si vendevano anche dolci e focacce profumate e il ragazzo non sa resistere alla voglia di averne) sorge il sospetto (e il dubbio) che si tratti di episodi trasferibili alla nostra vita quotidiana. Il viandante che si fa predire la buona ventura da una maga, che ha un cappello esotico ed un’aria furba e canzonatoria, desta in chi guarda l’irriducibile sensazione del dèjà vu in qualche vicolo o piazza del Sud in generale e di Napoli in particolare.



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